Pagine

domenica 8 marzo 2015

In him Shoes (scarpe, ministre e mimose)

Mentre il paese è impegnato a discutere se sia più “corretto” chiamare Avvocata, Ingegnera Ministra o altro una donna che lavora e sgobba in ugual misura (forse un po’ di più) di un uomo, io ho deciso di auto-festeggiarmi con un nuovo paio di scarpe (sono pur sempre una fashion-victim nel mio piccolo). Ma non un paio di tacchi a spillo con suola rossa che urlano al mondo quanto sono brava come equilibrista. Piuttosto, oserei dire, un paio di scarpe che raccontano quanta strada abbiamo fatto dall’istituzione della Festa della Donna ad oggi.

Festa delle donne 2015


Oggi possiamo permetterci di stare a discutere sulle vocali finali delle parole, non facendo altro che aumentare quelle differenze che tanto ancora ci fanno innervosire. Sì, perché nella maggior parte dei casi ciò che ho visto, più che orgoglio e desiderio di progresso, è il nervosismo delle Ministre (Ministri o Minestre che dir si voglia). Se poi, come sostengono altri, è solo una buona scusa per spostare l’attenzione sul mondo delle donne, ok passi la sfuriata da menopausa.

Oggi possiamo permetterci di indossare delle scarpe da uomo, meglio note come “carro armato”, che oltre essere comode (e bellissime nrd) si portano dietro un po’ di doppi sensi e rivoluzioni sociali. Perché indossarle vuol dire essere libere di andare ed esercitare il nostro ruolo nel mondo, che abbia una vocale femminile o no alla fine. Vuol dire che in parte abbiamo affrontato e vinto le nostre battaglie. E che rimaniamo pronte a combatterne di nuove anche a 10 cm di altezza in più. Perché, ok sono dei carro armato, ma mica potevamo farli rasoterra.

Così dopo i biker da motociclisti e le stringate da hipster, possiamo liberamente indossare delle scarpe militari e sentirci armate quanto gli uomini. La nostra uguaglianza la dobbiamo conquistare nella nostre teste prima di tutto. È da li che parte la vera rivoluzione culturale. Per me è una rivoluzione un po' feticista, lo ammetto, ma ognuno combatte nel suo campo.

Ma permettetemi un piccola digressione. Decidere cosa indossare ai piedi, o scegliere come cavolo farci chiamare sono cose che all’inizio del 900, quando la “nostra” festa iniziò ad essere celebrata non erano di primaria importanza. Rosa Luxemburg e tutte le altre attiviste, femministe, politiche del tempo, erano più occupate a non farsi uccidere piuttosto che scegliere se farsi chiamare “Politici” o “Politiche”. 

Superato il falso mito delle operaie morte l’8 marzo (Wikipedia lo spiega meglio di me), che è esso stesso “politically uncorrect”, mettendo in risalto, come al solito, il bisogno femminile di essere difese, compatite e vittimizzate; vorrei ricordare che la festa della donna celebra la nostra uscita allo scoperto. Le prime conferenze politiche “fra donne”; le prime incursioni femminili nel mondo del potere. Le nostre piccole, grandi vittorie. Celebra la nostra forza e indipendenza; passando dalla lotta contro la violenza sulle donne, ma andando oltre verso la nostra libertà intellettuale e di pensiero.

E va bene che è assurdo quanto il discorso della Boldrini, che ci venga dedicato un solo giorno l’anno ma visto che c’è, godiamocelo! E non intendo spogliarellisti, pompieri, cocktail e sbronze. Ma consapevolezza della nostra libertà (di far spogliare uomini per noi, uscire senza fidanzati/mariti per una sera, ubriacarsi se lo desiderate, ognuno si esprime a suo modo). Ricordando che nel 2015 "we can".

“Sei pronta per la leva?” mi ha detto mia sorella mentre provavo orgogliosa le nuove scarpe allo specchio.  Sì, sono pronta a combattere per farmi valere nella vita di tutti i giorni, quanto (o più) di un uomo!

Auguri belle donne!

Festa delle donne 2015